In breve
Questa aiuola ospita Hosta Tratt. (Asparagaceae), con 24 specie accettate e circa 26.000 cultivar. Originarie dell’Asia, crescono in foreste ombrose e torbiere. La loro adattabilità e variabilità di forme le rende molto amate nei giardini. Hosta presenta molte strategie ecofisiologiche della sindrome di acclimatamento all’ombra. Scansiona il qr code per sapere come le piante vivono all’ombra.
Questa aiuola ospita uno dei protagonisti indiscussi dei giardini: il genere Hosta Tratt., appartenente alla famiglia delle Asparagaceae. Originarie dell’Asia, Hosta comprende attualmente 24 specie accettate. Le loro foglie cordate — a forma di cuore — variano ampiamente per dimensioni e colori, rendendole molto apprezzate nei giardini di tutto il mondo temperato. Questa versatilità ha ispirato la creazione di circa 26.000 tra cultivars e ibridi.
In natura, Hosta si trovano in diverse aree del Giappone, della Corea e della Cina, vivendo in foreste ombrose di montagna, torbiere umide e, più raramente, ad aree rocciose esposte, in base alla specie. La loro lunga storia di coltivazione, raccontata in dettaglio da W.G. Schmid nel suo libro The Genus Hosta, ha portato a notevoli problemi tassonomici. La difficoltà di distinguere le specie naturali da quelle derivate dalla coltivazione ha creato una moltitudine di sinonimi e nomi incerti, con una percentuale dell’88% considerata non chiara rispetto a quelle accettate ufficialmente.
Come molte piante in questa aiuola, Hosta deve affrontare una sfida comune: l’ombreggiamento causato dagli alberi sovrastanti. Contrariamente alla credenza diffusa, esistono moltissime specie adattate agli ambienti forestali grazie a strategie raffinate. Le piante, pur prive di occhi, percepiscono il grado di ombreggiamento attraverso pigmenti come clorofille, carotenoidi e antociani, che assorbono luce a diverse lunghezze d’onda. In particolare, un sofisticato sistema a livello delle cellule delle foglie consente di rilevare il rapporto tra luce rossa e la luce rosso-lontano (infrarosso). Questo rapporto cambia in presenza di alberi, che assorbono la luce utile per la fotosintesi e lasciano filtrare solo quella meno efficace. La scienza che studia i processi di adattamento a livello cellulare delle piante ai loro ambienti si chiama ecofisiologia vegetale.
Per darvi un’idea di ciò che le piante considerano quasi buio: immaginate di trovarvi in una mattinata molto nuvolosa, con due finestre in una stanza di media grandezza e le luci spente. Questo scenario viene percepito dalle piante come quasi buio.
Le piante reagiscono all’ombra in diversi modi:
- Evitamento: Alcune piante, come Eranthis hyemalis L. (un piccolo ranuncolo giallo), concentrano la fotosintesi nel periodo primaverile, prima che gli alberi mettano le foglie, accumulando riserve nei bulbi per superare i periodi di ombra intensa.
Tuttavia, durante l’inverno, la caduta delle foglie degli alberi dei climi temperati espone le piante d’ombra a condizioni di eccessiva luce, che potrebbe fotodanneggiarle, unite a temperature rigide. In risposta, molte piante tendono ad assumere colorazioni più rosse. - Colorazione rossa sulla pagina inferiore delle foglie: Piante come Rheum palmatum L. (rabarbaro cinese), presente in questa aiuola, mostrano foglie con la pagina inferiore rossa. Il colore rosso è dato dagli antociani e altri pigmenti agiscono da antiossidanti, proteggendo i tessuti dai danni provocati da luce intensa. Questa caratteristica si trova in piante acquatiche (ad esempio, nelle giovani foglie di ninfea) e in specie alpine esposte al sole, ma anche e stranamente in piante d’ombra come il rabarbaro. Ma come mai?
I botanici, negli anni ’70, per spiegare come mai anche le piante d’ombra avessero questo colore rosso sotto le foglie ipotizzarono che tale colorazione migliorasse la riflessione della luce verso l’interno della foglia aumentando la fotosintesi. Putroppo, questa ipotesi è stata dimostrata essere sbagliata e successivamente scartata in quanto la quantità di luce riflessa dalla parte rossa della foglia è scarsissima. L’ipotesi più supportata conferma invece – paradossalmente anche nelle piante d’ombra – il ruolo di fotoprotezione dai danni causati dall’eccessiva radiazione luminosa che arriva alle foglie. Ma come è possibile? Questo fenomeno si verifica per due motivi. In primo luogo, anche sotto una fitta vegetazione, le piante possono sperimentare momenti di illuminazione intensa (vento che sposta le foglie degli alberi, buchi nella vegetazione degli alberi etc). Il movimento delle foglie degli alberi crea brevi spiragli di luce chiamati sunflecks (“macchie di sole”), che durano da pochi istanti a qualche minuto. Questi improvvisi lampi di luce possono “sovraccaricare” il sistema fotosintetico della pianta, abituato a poca luce, rallentandone l’efficienza e mandando in crisi la pianta. È un po’ come accendere una luce forte dopo essere stati al buio: si rimane abbagliati. Sebbene una fonte utile di energia per le piante d’ombra andando a costituire il 30-60% del totale giornaliero, questi sbalzi di luminosità possono causare stress alla pianta che non riesce a gestire l’enorme quantità di luce. In secondo luogo, la poca luce che raggiunge la foglia penetra al suo interno e viene riflessa in molte direzioni diverse all’interno della foglia. Questo fenomeno si chiama scattering interno della luce. La luce riflessa internamente può essere riutilizzata per la fotosintesi, ma, se in eccesso, rischia di danneggiare le cellule. Per questo motivo alcune piante sviluppano pigmenti sul lato inferiore (abassiale) della foglia, come i pigmenti rossi, che assorbono e ridistribuiscono la luce garantendo la costante e massima efficienza fotosintetica delle piante d’ombra. Insomma, anche le piante pensano che la costanza sia meglio dell’intensità! - Adattamenti anatomici: Le foglie delle piante d’ombra sono generalmente più sottili rispetto a quelle delle piante al sole, con una proporzione maggiore parte “spugnosa”. Hosta presenta questo adattamento, che consente una migliore diffusione della luce all’interno della foglia e un assorbimento più efficace dell’anidride carbonica. Infine, il rapporto tra i tipi di clorofilla cambia tra foglie di piante da sole e piante d’ombra.
Questi adattamenti, chiamati “sindrome da ombreggiamento”, dimostrano l’ingegnosità delle piante nel superare le sfide ambientali, trasformando l’ombra da ostacolo a opportunità per sopravvivere e prosperare.